Lì, come sta mostrando l’esperienza esemplare della Gkn di Campi Bisenzio, non esiste alternativa alla socializzazione della gestione sia della lotta che dell’impianto e a una conversione produttiva che può realizzarsi solo nel quadro di un piano di ambito almeno nazionale, ancora in gran parte da elaborare, come quello prospettato dal collettivo operaio per produzioni funzionali a una mobilità collettiva e sostenibile.
DI PIANI DEL GENERE C’È GRANDE urgenza, che riguarda
innanzitutto la conversione energetica. Il programma NextgenerationEU ha messo a disposizione del nostro paese 200 miliardi (tutti, sostanzialmente, a debito) che il Governo italiano sta sperperando in iniziative che nulla hanno a che fare con la transizione ecologica: armi, autostrade, alta velocità, incentivi all’auto individuale, gassificatori, navi metaniere, gasdotti e nuove trivellazioni; per non parlare di case di comunità senza personale, scuole senza insegnanti, investimenti in Itc
senza formazione e quasi niente per il riassetto idrogeologico. Con meno di quell’importo sarebbe possibile invece convertire tutto il sistema energetico nazionale alle energie rinnovabili in poco tempo (molti progetti, in attesa di autorizzazione, già ci sono) come avevano fatto, al momento della loro entrata nella Seconda Guerra Mondiale, gli Stati uniti, convertendo in pochi mesi i loro impianti industriali alla produzione bellica: carri armati, cannoni, navi, aerei, bombe… Un processo
nuove generazioni, quelle messe in moto da Greta, quelle che sanno che a pagare i costi dell’inerzia degli attuali governi saranno loro.